giovedì 30 maggio 2013

Dietro l'Italia sofferente




Lo so rischio, di essere tacciato di banale ipocrisia, dicendo che se fossi io al posto di un illustre politico a percepire una pensione superiore ai 30.000 euro al mese, mi porrei un serio problema di coscienza. Invece queste persone, si vedono passare tanto sereni, ognuno con la propria ragione, con la propria disinvoltura, tanti discorsi, tante risate e alla fine una grande certezza che non si sono resi conto del momento gravissimo della economia delle famiglie italiane. Poi c’è il pensionato più ricco d’Italia che percepisce 90.000 euro al mese, il deputato che, con un solo giorno di presenza in parlamento, potrà contare su una pensione per tutta la vita. Ci sono pensioni che si accavallano, doppie, triple e quadruple. Insomma tutto perfettamente legale, quando si devono sistemare delle cose che li riguardano vengono applicate le leggi con sorprendente rapidità e si concretizzano sorprendentemente con l’abbattimento delle difficoltà burocratiche che, in Italia ci rendono noti nel mondo. Lode a Mario Giordano, senza di lui forse nessuno avrebbe avuto queste notizie. Uno stile giornalistico semplice, diretto con il solo scopo di dare un’informazione. Con la sua voce sottile e la sua grande onestà, nel suo ultimo libro “Sanguisughe” mette il dito nel labirinto delle pensioni d’oro, ai privilegi, agli abusi della previdenza, che gravano sulle spalle dei contribuenti mettendo a rischio il futuro dei nostri figli.
Dietro l’Italia sofferente come si fa a non ricordarsi del referendum abrogativo promosso dai Radicali italiani nell’aprile 1993 che vede il 90,3% dei voti espressi a favore dell’abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti? Altro che democrazia e sovranità popolare. Nello stesso Dicembre del 1993 il Parlamento, in barba alla sovranità popolare, aggiorna  la già esistente legge sui rimborsi elettorali e viene subito applicata, in occasione delle elezioni del 27 marzo 1994, erogando per l’intera legislatura in una unica soluzione 47 milioni di euro. E così via fino ad arrivare ai nostri giorni, con le note mostruose degenerazioni, circa l’impinguamento discrezionale di spesa a titolo di rimborsi elettorali. Nella Regione Lazio venivano effettuati tagli alla sanità, sopprimendo posti letto agli ospedali per consentire l’increscioso gonfiamento dei capitoli di rimborso elettorale. Una valanga di denaro pubblico sperperato in mano a persone spregiudicate, artefici delle note vicende giudiziarie, fino all’inaudito caso dell’investimento in Tanzania.
Dietro l’Italia sofferente, resto ancora sgomento, quando nei telegiornali si affaccia il parlamentare di turno affermando che si sta studiando per cercare le risorse economiche per fare fronte al mancato gettito dell’IMU, la tanto odiata tassa della prima casa che si vuole sopprimere. Insomma nessuno pensa che è necessario andare ad incidere sulla spesa dello stato che pare sia tanto quanto quella di Francia, Germania e Inghilterra messi insieme.
Dietro l’Italia sofferente, si parla di aiuti di stato per 3,9 miliardi di euro alla banca Monte dei Paschi di Siena, diciamo per colmare disastri gestionali, tanto per essere generosi, e senza altre definizioni, per non procurarci ancora crepacuore. Pare che, in linea di massima, sia l’equivalente al gettito della tassa della prima casa, cioè quei soldi estorti alle famiglie che, con grandi sacrifici, hanno coronato il sogno di avere un nido proprio e che, nella maggior parte dei casi, stanno pagando ancora il mutuo, proprio quei soldi potranno essere destinati a rimpinguare le casse della banca senese.
Dietro l’Italia che soffre, che dire del caso ILVA di Taranto? Stupisce più che mai vedere quanto lo stato sia sconnesso nei suoi organi e nei suoi provvedimenti, capace solo di produrre disastri sopra disastri alla povera gente. Come si può pensare, in un momento economicamente così tragico, mettere in difficoltà una azienda che, con tutto l’indotto, dà lavoro a 40.000 persone? L’ILVA è una risorsa italiana che fornisce prodotti siderurgici finiti ai mercati internazionali ed alimenta ampi settori dell’industria metalmeccanica nazionale e che pone la nazione fra i paesi più industrializzati del mondo. Mi sforzo di capire la logica, l’opportunità e l’obiettivo dei provvedimenti giudiziari nei riguardi di Emilio e Nicola Riva patron dell’ILVA e dell’ex direttore dello stabilimento di Taranto. Come prima iniziativa, non esiste logica e nemmeno opportunità, in un periodo di così grave crisi economica, andare a colpire lo stato maggiore, cioè coloro che rappresentano il cervello del complesso produttivo. Non si possono creare ulteriori disastri alla disoccupazione, non esiste obiettivo perché così andiamo nella direzione della distruzione e non in quella del risanamento. Mi chiedo piuttosto, dopo decenni di attività industriale, ci stiamo accorgendo solo ora che l’industria inquina l’ambiente? Dove sono stati gli organi di controllo dello stato, preposti alla sorveglianza di tale attività industriale? Siamo sicuri che oggi sia questo il modo risolutivo di affrontare l’emergenza? Siamo sicuri che invece non poteva esserci un più proficuo lavoro coordinato tra stato e  magistratura al fine di mettere in atto dei progetti che, prioritariamente, potevano dare la massima garanzia al prosieguo del lavoro aziendale e del mantenimento del potenziale umano lavorativo? Siamo sicuri che, per prudenza, non potevano essere procrastinati e meglio programmati i provvedimenti verso le eventuali responsabilità, sia dei controllati che dei controllori? Siamo sicuri che questi provvedimenti intrapresi rappresentano la maggiore garanzia al programma di risanamento? Anzi, se l’Ilva chiude, ci sarà solo una realtà: altre decine di migliaia di disoccupati, la distruzione dell’industria metalmeccanica nazionale, la dipendenza a reperire materie prime per il fabbisogno nazionale, per quel che rimane viste le delocalizzazioni, dai mercati internazionali e sicuramente l’onere allo stato del risanamento dell’ambiente.
È penoso tuffarsi in queste problematiche e capire che non si procede nella direzione giusta. Continui conflitti di stato, da un lato provvedimenti giudiziari che infliggono colpi mortali alla vita dell’azienda e dall’altro ricuciture del governo solo per frenarne la distruzione. Niente di serio, niente di coordinato, sempre iniziative non finalizzate alla vera soluzione dei problemi. A volte l’assurdità delle azioni fa pensare a un colossale disegno diretto a distruggere quanto di buono ancora esiste. La chiusura dell’Ilva a chi può servire?
                                               
Giovanni Andriano

Nessun commento:

Posta un commento