giovedì 30 maggio 2013

Intervista (di fantasia) al Maestro Nino Martoglio





“In teatro ridere fa riflettere”  



La parola al cantore dei lussuosi palazzi aristocratici e dei tuguri.
 
   Il teatro siciliano annovera al suo interno vari scrittori più o meno famosi, ma fra questi chi ha segnato la storia del teatro dialettale siciliano, per la sua capacità di cogliere le piccole cose che costruiscono la vita reale e trasportarle nel teatro, è il maestro Nino Martoglio. Tutta la sua opera è caratterizzata, oltre che dal verismo e dalla bellezza dei paesaggi, anche da una forte contrapposizione tra ricchezza e povertà: è il cantore dei lussuosi palazzi aristocratici e dei tuguri, dei caffè di lusso di fine Ottocento e dei vicoli affollati.
   Maestro, quando ha iniziato a scrivere commedie?
   Carissimo, io ho iniziato relativamente presto, perché a 19 anni ho pensato bene di pubblicare alcune mie opere in un settimanale umoristico e satirico, scritto anche in dialetto siciliano, il D’Artagnan, in cui sono state pubblicate molte delle mie opere in seguito raccolte nella Centona. Solo dopo due anni ho avuto l’idea di mettermi a scrivere commedie creando anche la mia compagnia teatrale, la Compagnia Drammatica Siciliana.
   Cos’è per lei la comicità?
   Grazie per questa domanda. La comicità deve far ridere, ma ricordo una frase di Pirandello, che mi disse quando abbiamo collaborato insieme per la stesura de La vilanza e Cappiddazzu paga tuttu: “La comicità esiste solo in quanto esiste l’umorismo; sono legate da un unico scopo e cioè far riflettere lo spettatore”.   
  Quali sono state le opere che lei ha diretto più volentieri?
  Ma guarda caro ce ne sono tante, però, oltre alla collaborazione con Pirandello, sono rimasto molto colpito dal lavoro fatto col mio carissimo amico Angelo Musco, di cui ho diretto, con grandissimo piacere, San Giovanni decollato e L’aria del continente. Ho imparato molto da lui, perché lui non recitava, ma viveva nel teatro.
   Il periodo del cinema come ha influenzato la sua attività teatrale?
   Il cinema… Beh, la mia presenza nel mondo della pellicola è durata solo due anni, quindi non ho avuto modo di essere “contagiato”. La realtà continuo a trovarla solo nel teatro, amico mio.
   In quale sua commedia lei si trova maggiormente?
   Tutte le mie commedie parlano di me, ma forse ce n’è una che descrive meglio le mie idee e questa è Civitoti in pretura, una delle commedie più corte che abbia mai scritto, ma intensa e piena di risvolti realistici nascosti dal paradossale. In fondo cos’è il teatro se non il paradosso della realtà?
   L’ultima domanda maestro. Chi è per lei l’attore?
   Questa sì che è una bella domanda. L’attore non è colui che recita una parte, ma colui che crea un personaggio estrapolato dalla realtà. Diceva De Filippo: “Il teatro è lo specchio della vita”, quindi per me l’attore è lo specchio dell’uomo. 
Seby Leonardi

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